Quanti video guardiamo al giorno? Blog, canali Youtube, pagine Facebook, siti d’informazione: sempre piú spesso questo formato narrativo é preferito ad altri per la sua capacitá di catturare l’attenzione e dare maggiore concretezza ai contenuti trasmessi.
Nel settore della ricerca di mercato i video non sono semplicemente un ottimo strumento di storytelling per dar voce al pensiero del consumatore, ma possono anche diventare uno strumento metodologico di raccolta dati. Di fatto, un video é di per sé un dato, o meglio una sequenza di dati a cui si puó cercare di dare struttura e significato. Sta nell’abilitá del ricercatore riuscire a cogliere elementi di insight da quello che – apparentemente – é solo un insieme caotico di voci, suoni e colori.
Sempre di piú le aziende cercano infatti di catturare la ‘voce reale’ del cliente, andando oltre la raccolta di dati quantitativi che, se da un lato hanno il vantaggio di essere facilmente intelleggibili e comprensibili, dall’altro per loro stessa natura rischiano di appiattire e incasellare la realtá.
I video che i consumatori producono spontaneamente ogni giorno hanno il vantaggio di recuperare lo spessore e l’autenticitá di una risposta naturale che si rischia invece di perdere in un setting artificiale e pre-strutturato. E’possibile cioé recuperare la reale esperienza di interazione con un prodotto o un servizio.
Un video é per definizione ricco di dati in grado di raccontarci qualcosa circa l’esperienza di consumo: la scelta di parole, le azioni compiute, i prodotti o i brand che compaiono sullo sfondo, il tono della voce, ecc. Ma la sfida oggi va ben oltre la capacitá di dar senso e strutturare questo apparente caos: la vera sfida é diventata quella di gestire questi dati su larga scala.
Se un video di 90 secondi di un consumatore che carica la lavatrice puó contenere – supponiamo – 30 elementi che catturano l’interesse del ricercatore qualitativo o dell’etnografo (non solo il brand o il prodotto utilizzato, ma come sono trattati i capi, come é versato il detergente, dove é collocata la lavatrice, quale programma é utilizzato, ecc.), su un campione di 500 video questi elementi si moltiplicano in decine di migliaia.
La tecnologia puó certamente dare una mano – dal machine learning al riconoscimento automatico – ma non puó ancora sostuire la capacitá umana nel cogliere sfumature di significato, effettuare connessioni e identificare i temi emergenti.
(Liberamente tradotto e adattato da Structured Chaos: Video as Mass Qualitative Data)