Il mondo della produzione e della distribuzione di prodotti di largo consumo, alimentari in particolare, deve fare attenzione ad una nuova tendenza in atto, ovvero la flessione dell’abitudine di cucinare in casa (e, conseguentemente, di fare la relativa spesa nei supermercati). Quelli che ancora oggi rappresentano comportamenti di massa potrebbero, nel tempo, diventare di nicchia.

Uno studio sull’argomento, ad esempio, ha rilevato che solo il 10% degli americani ama cucinare (contro il 15% di qualche anno fa), mentre il 45% lo odia e ricorre il più possibile ai piatti pronti oppure alla consegna a domicilio dai ristoranti. Il 45% adotta un comportamento intermedio. D’altronde, dal 2009 a oggi, le prime 25 aziende di alimentari e bevande negli Stati Uniti hanno perso 18 miliardi di dollari di fatturato.

A cosa può essere dovuta questa inversione di tendenza? Da un lato è plausibile ipotizzare che questo cambiamento possa legarsi alla diffusione di stili di vita più frenetici, all’aumento della componente femminile nella forza lavoro e alla riduzione del tempo a disposizione per la preparazione dei pasti in casa. Dall’altro, questo potrebbe suggerire che tutte le trasmissioni televisive sul tema della cucina non hanno aumentato la propensione a mettersi ai fornelli, ma piuttosto a capirne di più di cucina e a ricercare maggiore varietà. E siccome la televisione ha fatto comprendere a molti quanto siano scarsi come cuochi, ecco che allora si ricorre maggiormente all’esperienza dei pasti fuori casa o, almeno, alla consegna a domicilio di piatti preparati dai ristoranti.

È possibile stabilire un parallelo con il settore dell’abbigliamento? Un tempo era comune che la gente si cucisse a casa parte dei vestiti che indossava. Poi, gradualmente, ha cominciato a comprare tutto già confezionato. Solo una piccola minoranza ha mantenuto l’hobby del taglio e cucito. Giusto un passatempo piuttosto che una forma di auto-produzione.

Osservando quindi le tendenze in atto, industria e distribuzione alimentare potrebbero concentrarsi su nuove categorie di prodotti premium, magari anche esclusivi. Una tecnologia di cui oggi si parla molto è la MATS, creata dalla Washington State University. Si tratta di un sistema, approvato dalla FDA, che presenta numerosi vantaggi. Innanzitutto, sterilizza i prodotti alimentari utilizzando calore, pressione e tempo in quantità minima, permettendo quindi loro di mantenere il gusto e la consistenza di quelli consumati al ristorante. In secondo luogo, grazie al livello minimo di degradazione della qualità del prodotto, si incentiva l’utilizzo di ingredienti di alta qualità e la riduzione di additivi e altri prodotti chimici. Infine, il periodo di conservazione a temperatura ambiente è estremamente lungo, risolvendo non solo numerosi problemi di mantenimento durante il tragitto, ma anche offrendo maggiori possibilità di stoccaggio e riducendo lo spreco. Non a caso anche Amazon è molto interessata a tale tecnologia, che nel medio periodo potrebbe avere un impatto sulle sue possibilità di avere successo in ambito alimentare superiore a quello dell’acquisto di Whole Foods.

Insomma per industria e distribuzione si aprono nuove possibilità per razionalizzare l’assortimento offerto e per applicare un nuovo spirito pionieristico.

 

 (Liberamente tradotto e adattato da The Grocery Industry Confronts a New Problem)

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