Nell’Advertising Week che si è tenuto a New York nel mese di settembre, un argomento ricorrente è stato quello relativo al modo migliore per dialogare con la generazione Z, che si stima rappresenti circa il 25% della popolazione americana. Questa generazione sembra essere ancora più sfuggente dei Millennial, già notoriamente avversi alla pubblicità ed estremamente parsimoniosi.

Tra i molti dubbi e perplessità, una certezza sembra tuttavia emergere: i vecchi criteri di segmentazione sociodemografica potrebbero non adattarsi più a questa generazione. Da qui l’esigenza di individuare nuovi criteri di segmentazione, sposando la logica di individuazione di segmenti molto più piccoli e specifici.

Nati tra il 1995 e il 2005, questi fratelli minori dei Millenial hanno vissuto in giovanissima età tre esperienze che li hanno plasmati: la convivenza con la rivoluzione mobile, l’11 settembre e la crisi economica del 2008. Sono dunque più propensi a risparmiare, più attenti alla sicurezza e ai fenomeni sociali, e più restii alle nozioni tradizionali di genere e razza, specialmente nell’ambito moda e fashion. Quali criteri di segmentazione, conteranno dunque sempre di più i comportamenti, i bisogni, i valori e cosa piace.

La forte simbiosi con la tecnologia ha contributo anche a rendere i giovani della generazione Z degli imprenditori, capaci di realizzare siti, video, e aprire un’attività online prima ancora di diventare maggiorenni. Uno spirito d’indipendenza che li porta anche a mostrare scetticismo nei confronti dei brand e ostilità nei confronti delle pubblicità che interrompono o rallentano le loro attività digitali. Più facile dunque raggiungerli attraverso gli influencer (ne abbiamo parlato qui), i micro-influencer e le raccomandazioni dei coetanei.

Tra i social network preferiti troviamo Facebook e Youtube, subito seguiti da Snapchat e Instagram Stories, apprezzati per la loro natura effimera. Nonostante la giovane età, controllano già 44 miliardi di dollari in termini di potere d’acquisto, essendo molto abili nell’influenzare anche la spesa dei genitori, motivo per cui le aziende dovrebbero iniziare sempre di più a interrogarsi sulle caratteristiche e peculiarità di questa generazione, consumatori non solo del futuro ma anche del presente.

 

(Liberamente tradotto e adattato da Why Gen Z might signal the end of demographic targeting as we know it)

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