Non di rado i professionisti della ricerca di mercato devono rispondere alle seguenti domande da parte delle aziende: “Perché il tasso di risposta è così basso?”, oppure “Cosa possiamo fare per aumentare il response rate?”, o ancora “Che incentivo servirebbe per aumentare il numero di rispondenti?”. Queste domande, apparentemente semplici, nascondono in realtà diverse insidie.

Occorre innanzi tutto fare chiarezza su quale sia la reale preoccupazione che si cela dietro queste domande: si tratta semplicemente di voler aumentare il response rate (ovvero, la percentuale di persone che rispondono all’invito di compilare una survey) o di migliorare la rappresentatività dei rispondenti? Un semplice aumento della numerosità, infatti, non garantisce necessariamente una migliore rappresentatività.

Se l’obiettivo è semplicemente quello di aumentare il numero di rispondenti, potrebbe essere sufficiente allargare il raggio d’azione anziché offrire incentivi più elevati. Diversamente, quando la domanda relativa all’aumento del response rate nasconde in realtà una richiesta di maggiore rappresentatività del campione, occorre tenere in considerazione il processo di analisi costi-benefici che ogni potenziale partecipante intraprende. Un aspetto da non trascurare, infatti, è che negli ultimi anni tali “costi” sono notevolmente aumentati, specialmente per alcuni target e categorie della popolazione, mentre i “benefici” sono pressoché rimasti inalterati:

  • Tempo: stili di vita più frenetici rendono la risorsa tempo sempre più preziosa. Senza trascurare il fatto che, rispetto a qualche anno fa, i consumatori ricevono un numero maggiore di sollecitazione a prendere parte a ricerche di mercato.
  • Fatica: molte survey sono lunghe e complesse.
  • Noia: molte survey contengono domande noiose e ripetitive.
  • Perdita della privacy: molti consumatori temono che le loro informazioni non saranno trattate in maniera confidenziale.
  • Inserimento automatico dei propri recapiti in mailing/phone list: molti consumatori temono che i propri recapiti saranno ceduti ad altre compagnie per scopi commerciali (telemarketing, ecc.).
  • Escamotage per la vendita: il timore di molti consumatori è che dietro le richieste di prendere parte a una survey si nascondano altre motivazioni di carattere commerciale (per esempio, vendita di prodotti o servizi)

Mentre in passato i consumatoria cui veniva richiesto di far conoscere la propria opinione si sentivano valorizzati e importanti, col proliferare delle indagini di mercato la partecipazione alle survey ha smesso di costituire un’esperienza “unica nel suo genere”. Senza dimenticare che, mentre un tempo esse costituivano l’unico modo per far sentire la propria voce, oggi i social media offrono ampie possibilità di esprimere la propria opinione sull’operato e sui prodotti delle aziende.

Per questo motivo, diventa imprescindibile ridurre i costi di partecipazione ad una survey. Ecco alcuni suggerimenti per limitare i costi e aumentare i benefit:

  • Evitare che la stessa persona riceva più volte e da più parti lo stesso invito a prendere parte ad una survey;
  • Rendere il compito più semplice possibile;
  • Rendere la survey più corta possibile;
  • Favorire l’interazione e il coinvolgimento del partecipante (per esempio, tramite la gamification);
  • Dare la possibilità ai consumatori di scegliere quando e come rispondere;
  • Evitare domande superflue o “nice to know” e limitarsi a raccogliere le informazioni veramente essenziali;
  • Mandare un’email di ringraziamento dopo la partecipazione;
  • Mostrare in che modo l’informazione è stata o sarà utilizzata;
  • Fornire un follow-up solo a coloro che effettivamente desiderano riceverlo;
  • Consentire ai rispondenti di visionare le risposte date dagli altri partecipanti. Spesso vi è il desiderio di capire quanto la propria esperienza sia tipica o atipica;
  • Fornire un adeguato incentivo monetario.

 

 

(Liberamente tradotto e adattato da Response rates: Part I: Looking at cost-benefit decisions)

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